News

La storia dell’energy drink non è nota a tutti e inizia nell’immediato dopoguerra in Giappone, dove a causa degli strascichi psicofisici lasciati dal conflitto, si era diffusa l’abitudine di assumere anfetamine.

Nel corso degli anni ‘50, per contrastarne l’abuso, le autorità nipponiche passarono una serie di leggi per vietare queste sostanze e solo nel 1962 un’azienda produttrice di bevande (la Taisho), introdusse Lipovitan D, una bottiglietta dal contenuto energetico e soprattutto legale.

A partire dagli anni ‘80, queste bibite ricche in vitamine e caffeina iniziarono a far parte del kit di sopravvivenza di manager e impiegati delle metropoli giapponesi, che se ne servivano per affrontare le giornate di lavoro più faticose.

Negli Stati Uniti gli energy drink ebbero all’inizio meno fortuna, tanto che anche due colossi del beverage come Coca-Cola e Pepsi tentarono di presentarne una loro versione, ma con scarsi risultati.

Nel frattempo, però, la fama degli energy drink si era estesa dal Sol Levante all’Europa e il responsabile del settore marketing di una società di prodotti da bagno austriaca, scopri la novità durante un viaggio a Bangkok, restandone folgorato. Nel 1984 decise dunque di licenziarsi e avviare una partnership con un produttore thailandese di un soft drink a base di caffeina e taurina per poterla commercializzare. Tre anni dopo riuscì a portarla in patria, dando vita a un vero e proprio impero commerciale che, nello scorso anno ha generato un volume d’affari pari a oltre 11 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti. Il riferimento è chiaramente all’iconica Red Bull.

Nel corso dell’ultimo decennio, in tanti hanno provato con diversi brand a contrastare quello che viene considerato l’energy drink più bevuto al mondo, ma con scarso successo, vista la breve durata della loro presenza sul mercato.

Tra i duellanti di questa ristretta nicchia di mercato, un solo brand è riuscito a resistere e crescere, grazie al gradimento dei consumatori, che gli hanno riconosciuto il giusto equilibrio qualità/risultato/prezzo.

Si tratta di un prodotto tutto italiano che si chiama BAM. Abbiamo incontrato Fabio Vitelli, co-founder del brand per conoscerne meglio l’evoluzione.

Quando e come nasce l’idea di BAM Energy Drink?

Dopo il mio rientro in Italia da New York, dove ho collaborato con l’azienda di famiglia che si occupa di trading di prodotti italiani, ho avviato una mia società di esportazione di prodotti alimentari con sede ad Angri, dove storicamente si trovano i nostri stabilimenti.

Con Luciano Polo, mio attuale socio, ho avviato il progetto BAM.  Ci siamo conosciuti attraverso una conoscenza comune, che allora era mia socia, e fui presentato ad alcune persone che volevano lanciare sul mercato un energy drink.  Sapendo che la mia rete commerciale verso l’estero era abbastanza strutturata, mi chiesero di promuoverlo. Studiai il progetto, preparai un piano di investimento e comunicazione e li ricontattai, ma intanto avevano cambiato idea e deciso di non investire.

Al contrario, alla mia socia e a me l’idea di lanciare sul mercato un energy drink piacque. Io, in particolare, ritenni questo progetto congeniale al mio background industriale, perché rientrava nella logica di un processo di produzione molto simile a quello conserviero, settore da cui provengo.

Studiammo il prodotto in ogni dettaglio e dopo qualche mese nacque una ricetta, che aveva tutte le potenzialità per incontrare il gusto dei consumatori. Questo fu il primo passo. A questo punto bisognava trovare un nome e creare un marchio. Ci supportò in questa fase l’agenzia di comunicazione Kidea e avviammo con loro lo studio del marchio. Non fu facile perché, ogni qualvolta trovavamo un marchio di nostro gradimento, risultava sistematicamente già esistente. Finalmente trovammo BAM, un nome che ci piaceva e che si abbinava molto bene ad una bibita energetica. Fatte tutte le verifiche, avemmo l’autorizzazione a registrare il marchio con il logo creato dall’agenzia.  La data di nascita ufficiale di BAM si colloca tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010.

Quando è iniziata la produzione?

Dopo aver creato e registrato il marchio, dovemmo trovare chi producesse la bevanda. Cercai, in Italia e all’estero, aziende che potessero soddisfare un certo target di qualità ed individuai un primo stabilimento in Olanda e un secondo in Germania. Compravamo le materie prime e il nostro co-packer si occupava del riempimento. Nella primavera del 2010 abbiamo avuto il prodotto in lattina finito.
Intanto, anche Luciano Polo è entrato a far parte dell’attività: è stato un passaggio naturale, scaturito dal grande feeling commerciale che ci unisce. Insieme abbiamo avviato la commercializzazione del prodotto, partendo dall’Italia. Per il lancio abbiamo fatto molte sponsorizzazioni durante degli show a Firenze, a Milano, investendo anche cifre abbastanza importanti e devo dire che, nonostante la concorrenza di prodotti leader di mercato e grazie a campagne promozionali mirate, siamo riusciti a penetrare in grandi strutture, prima al nord Italia e successivamente a Napoli.

Parliamo della vostra proposta: attraverso quali azioni avete presentato BAM ai potenziali clienti?

Prima di tutto attraverso il design stesso del packaging: la nostra lattina è già di per sé un elemento di rottura perché si presenta con un design molto stilizzato, molto pulito ed un font molto giovanile, contro nomi altisonanti, molto forti, con colori sgargianti che caratterizzano prodotti competitor. In più la qualità del prodotto è molto alta e questo ha subito conquistato i clienti. Per spingere BAM e convincere i potenziali clienti, facevamo dei contratti di sponsorizzazione, legati contemporaneamente a contratti di fornitura merce. Rispettandoli e mantenendo i nostri impegni abbiamo conquistato la loro fiducia e, così, e il prodotto veniva accolto dalla loro clientela favorevolmente, permettendoci di avere, tra il 2013 e il 2016 BAM ha vissuto un periodo di notevole crescita, in particolare nei luoghi di ristoro per gli automobilisti e nel mondo dei locali notturni di Napoli.

Cosa distingue BAM dai prodotti competitor?

Abbiamo lavorato sulle essenze del prodotto, affinché si raggiungesse l’obiettivo di avere un gusto più soft, meno aggressivo rispetto agli altri prodotti presenti sul mercato. Insieme ai cofounder Luciano Polo e suo figlio Claudio, che si occupa dello sviluppo commerciale, abbiamo lavorato sulla ricetta per far sì che BAM colpisse il consumatore per il gusto, sicuramente più gradevole rispetto a quelli già in commercio.

In che modo BAM può conquistare mercati più ampi?

Siamo pronti ad essere presenti in modo più strutturato sul territorio italiano e non più a macchia di leopardo, come fatto finora. Perciò siamo alla ricerca di agenti che ci rappresentino su tutte le regioni e che ci introducano in più mercati. Negli ultimi 3/4 anni abbiamo sondato anche il mondo del Vending, che crediamo possa essere per BAM dalle grandi prospettive.

Per quale motivo?

A mio parere, una lattina come quella di BAM, che si presenta con un design molto fashionable e quindi attraente per la vendita d’impulso, unita ad un prodotto di altissima qualità, costituiscono un indubbio elemento di forza. Se poi a questo si associa un prezzo competitivo per il gestore e per il consumatore il gioco è fatto!

Clicca qui per scaricare il PDF

Fonte: Vendingnews.it – Notizie sul Vending,